Dall’analisi emerge che non c’è una spaccatura Nord-Sud per quanto riguarda le infrastrutture: carenze sono presenti dappertutto.
L’Italia da Nord a Sud ha delle aree in sofferenza digitale.
È questa la fotografia che emerge dall’EY Digital Infrastructure Index, che analizza il livello di efficienza e maturità delle infrastrutture digitali delle 107 province italiane, prendendo in considerazione sia la diffusione delle infrastrutture Tlc e broadband, sia il grado di digitalizzazione delle altre infrastrutture presenti su un territorio.
Tutta Italia da Nord a Sud ha delle aree in sofferenza digitale.
In particolare, dall’analisi emerge che non c’è una spaccatura Nord-Sud per quanto riguarda le infrastrutture: carenze sono presenti dappertutto, non solo al Sud (dove le situazioni più critiche si evidenziano in Sardegna, Sicilia, Calabria), ma anche al Nord, soprattutto in Piemonte, con zone penalizzate anche in Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. A soffrire di più è il Centro Italia, in particolare la bassa Toscana, il Lazio al di fuori di Roma, le Marche e l’Abruzzo.
Diffuso il ritardo della dorsale adriatica, che sconta una tradizionale minore priorità da parte degli operatori Tlc, ed un sistema di utilities locali meno sviluppato rispetto al resto del Paese. Marche, Abruzzo, Molise, sono tutti territori con indice di infrastrutturazione digitale di molto inferiore alla sufficienza. Lo studio, inoltre, ha evidenziato una disomogeneità di territori anche molto vicini tra di loro. Quasi ogni regione ha al proprio interno almeno un’area in forte ritardo. Uniche eccezioni sono Emilia-Romagna, Umbria, Liguria e le piccole regioni alpine, dove prevale il colore verde.
Il perchè della disomogeneità territoriale nello sviluppo digitale
Il livello di sviluppo digitale delle filiere produttive in Italia è assai disomogeneo. Sette filiere superano il valore medio nazionale di infrastrutturazione digitale: si tratta di Milano, Torino, Bologna, Roma. Le filiere più arretrate sono l’Agrifood ed il Retail Food, che scontano una certa concentrazione nelle aree rurali, dove le infrastrutture digitali risultano meno diffuse. Tra le più avanzate, invece, sono Technology & Telco, Media & Entertainment, Farmaceutico e Dispositivi Medici. Tutti settori che hanno retto meglio al Covid-19.
Tutti gli indicatori – spiegano gli autori del report – sono stati normalizzati e standardizzati per arrivare ad un ranking 0-100. All’interno del Digital Infrastructure Index viene distinta l’infrastruttura di connettività (che attiene principalmente agli investimenti degli operatori TLC) dalla diffusione dell’IoT (che dipende principalmente dal grado di digitalizzazione delle altre tipologie di infrastrutture presenti sul territorio: reti di trasporto, reti energiche, reti ambientali, e che attengono quindi agli investimenti delle utilities).
In cima alla classifica è Genova, a quota 100, tra le prime posizioni nella top 20 troviamo , Milano, Roma, Bologna, Torino, Firenze, Napoli, La Spezia, Ferrara, Parma, Prato, Cagliari, Reggio Emilia, Modena, Monza e Brianza, Trento e Brescia. Tra le ultime Nuoro, Isernia, Macerata, Pesaro Urbino, Carbonia Iglesias, Crotone, Rovigo, Vibo Valentia, Enna e Fermo.
Serve un incremento degli investimeti
È ormai assodato che l’Italia per il rilancio economico debba accelerare sulla digitalizzazione, a partire dagli investimenti sulle infrastrutture digitali, che non si limitano solo a Banda Ultralarga e 5G, ma devono comprendere anche cloud computing, reti IoT e sensoristica
Il commento di Andrea D’Acunto, Med Telco, Media & Technology Leader di EY.
L’accelerazione deve avvenire sulla base dei business needs delle imprese, con una definizione delle priorità che metta in relazione la localizzazione del sistema produttivo italiano con la diffusione delle infrastrutture digitali sul territorio.
Parte del supporto economico agli investimenti digitali necessari ai territori, che si trovano oggi in una condizione di gap infrastrutturale, può venire dal Recovery Fund e dal Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, con le opportune differenze: nel caso delle PMI per la modernizzazione dell’impresa, nel caso delle aziende più grandi per costruire o rafforzare l’ecosistema di filiera.
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